Il rapporto del ministero dell'istruzione britannico che fa il punto sul grado di alfabetizzazione nel paese. I problemi si accentuano nelle famiglie più povere (2009)
a cura di ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - C'era una volta. Ma adesso non c'è più. O,
come minimo, c'è sempre di meno. I genitori hanno abbandonato o diminuito una
vecchia abitudine: leggere o raccontare una favola ai figli per farli
addormentare. E il risultato è che i bambini imparano a parlare sempre più
tardi.
Così sostiene un rapporto del ministero dell'istruzione britannico che fotografa l'alfabetizzazione nel Regno Unito: il fenomeno che balza agli occhi dallo studio è infatti quello, in parte già noto, degli adulti che hanno sempre meno tempo per occuparsi della prole. Da un lato, i genitori sono sempre più affaticati; dall'altro, nuove tecnologie distraggono gli uni e gli altri, che si tratti di internet, social network come Facebook, telefonini, videogiochi.
Risultato: il numero delle parole che i grandi scambiano con i piccini è in calo costante. Meno fiabe, meno dialogo, uguale apprendimento più lento: all'asilo e perfino alle elementari, in Gran Bretagna, entrano bambini di 5-6 anni con una capacità di comunicazione che sarebbe lecito aspettarsi da un bambino di un anno e mezzo, che ha appena imparato a camminare.
Insomma, un disastro: perché quei bambini impareranno lo stesso a parlare, ma varie ricerche dimostrano che spesso chi ha problemi di linguaggio nell'infanzia può sviluppare, crescendo, difficoltà e disabilità mentali di vario grado. Per questo il governo britannico lancia l'allarme. "Il numero dei bambini che cominciano le scuole elementari senza sapere neanche formare una frase rudimentale è in crescita", afferma il rapporto, preparato da Jean Gross, responsabile della comunicazione per il ministero dell'Istruzione, e anticipato ieri dal Times di Londra.
Così sostiene un rapporto del ministero dell'istruzione britannico che fotografa l'alfabetizzazione nel Regno Unito: il fenomeno che balza agli occhi dallo studio è infatti quello, in parte già noto, degli adulti che hanno sempre meno tempo per occuparsi della prole. Da un lato, i genitori sono sempre più affaticati; dall'altro, nuove tecnologie distraggono gli uni e gli altri, che si tratti di internet, social network come Facebook, telefonini, videogiochi.
Risultato: il numero delle parole che i grandi scambiano con i piccini è in calo costante. Meno fiabe, meno dialogo, uguale apprendimento più lento: all'asilo e perfino alle elementari, in Gran Bretagna, entrano bambini di 5-6 anni con una capacità di comunicazione che sarebbe lecito aspettarsi da un bambino di un anno e mezzo, che ha appena imparato a camminare.
Insomma, un disastro: perché quei bambini impareranno lo stesso a parlare, ma varie ricerche dimostrano che spesso chi ha problemi di linguaggio nell'infanzia può sviluppare, crescendo, difficoltà e disabilità mentali di vario grado. Per questo il governo britannico lancia l'allarme. "Il numero dei bambini che cominciano le scuole elementari senza sapere neanche formare una frase rudimentale è in crescita", afferma il rapporto, preparato da Jean Gross, responsabile della comunicazione per il ministero dell'Istruzione, e anticipato ieri dal Times di Londra.
Le più recenti statistiche governative indicano che il 18 per cento dei bambini di 5 anni nelle scuole del regno, ovvero più di 100 mila bambini, non sono al livello di alfabetizzazione previsto per la loro età. Il problema non riguarda soltanto i figli degli immigrati, per i quali sarebbe più comprensibile un ritardo nell'apprendimento dell'inglese, ma anche per quelli britannici.
Il ritardo è più spiccato nei bambini poveri che, secondo la ricerca della dottoressa Gross, ascoltano "soltanto 600 parole all'ora" in famiglia, in confronto alle 2 mila parole l'ora che sono la media per le classi benestanti. Inoltre i bambini che crescono in famiglie povere o disagiate ricevono soltanto un elogio per ogni due rimproveri, mentre nelle case benestanti il rapporto è rovesciato e questo rallenterebbe l'alfabetizzazione.
"Gli adulti sono sempre più impegnati e hanno meno tempo da dedicare ai figli", dice l'autrice del rapporto. "E per le prossime generazioni sarà peggio, perché un bambino a cui nessuno leggeva le favole non le leggerà di certo ai propri figli".
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