I resti in una caverna in Sudafrica spostano indietro il limite di 300 mila anni
L'analisi di una serie di tracce scoperte in un sito della grotta sudafricana di Wonderwerk indica che già un milione di anni fa, nel Paleolitico inferiore, i nostri antenati usavano il fuoco in modo controllato. Queste tracce, che retrodatano di 300 mila anni l'uso del fuoco non opportunistico rispetto a quanto ipotizzato in precedenza, suggeriscono inoltre che già Homo erectus potrebbe aver iniziato a utilizzare il fuoco come parte integrante del proprio modo di vivere.
Lo riporta lo studio pubblicato dalla rivista Pnas. Al gruppo di studio dell'Università di Toronto e dell'Università ebraica di Gerusalemme ha partecipato anche l'archeologo italiano Francesco Berna, che lavora negli Stati Uniti presso la Boston University.
Meno di dieci anni fa, gli archeologi e i paleoantropologi pensavano che il dominio del fuoco fosse relativamente recente: le più antiche tracce di fuocherelli noti erano datate 500 mila anni fa. Poi, nel 2004, l'Università di Gerusalemme aveva rinvenuto a Gesher Benot Ya’aqov, in Israele, resti di fuochi risalenti a 790 mila anni fa. Ora sembra che gli ominidi che ci hanno preceduto fossero ancora più precoci nell'arte di governare questo elemento, e si pensa che utilizzassero il fuoco anche per cuocere il cibo.
I reperti, infatti, comprendono frammenti di ossa di animali, asce a mano e cenere di erba; quest'ultima sembra venisse usata come combustibile principale, dato che i sedimenti non sono mai stati riscaldati oltre i 700 gradi centigradi. Le indagini sui reperti escludono anche la possibilità che i resti dei fuochi siano stati trasportati nella cava in un secondo momento, da acqua o altri agenti.
In realtà, nei 140 metri di lunghezza di Wonderwerk Cave, che fu sede di una vasta occupazione da parte degli ominidi, sembrano trovarsi i resti di fuochi ancora più antichi (fino a 1,7 milioni di anni fa), come suggerisce lo scopritore del sito stesso, Peter Beaumont del McGregor Museum di Kimberley (Sudafrica). Ma i dati forniti da queste ultime analisi sono, al momento, le prime prove sicure e non ambigue della presenza di ripetuto uso del fuoco in un insediamento archeologico. Un avvenimento importante, visto che la cottura dei cibi ha reso disponibile un maggiore apporto calorico e proteico nella dieta dei primi esseri umani. Carne e verdure più facili da masticare e digerire. Tutta energia che ha forse favorito un ulteriore sviluppo del nostro cervello.
I reperti, infatti, comprendono frammenti di ossa di animali, asce a mano e cenere di erba; quest'ultima sembra venisse usata come combustibile principale, dato che i sedimenti non sono mai stati riscaldati oltre i 700 gradi centigradi. Le indagini sui reperti escludono anche la possibilità che i resti dei fuochi siano stati trasportati nella cava in un secondo momento, da acqua o altri agenti.
In realtà, nei 140 metri di lunghezza di Wonderwerk Cave, che fu sede di una vasta occupazione da parte degli ominidi, sembrano trovarsi i resti di fuochi ancora più antichi (fino a 1,7 milioni di anni fa), come suggerisce lo scopritore del sito stesso, Peter Beaumont del McGregor Museum di Kimberley (Sudafrica). Ma i dati forniti da queste ultime analisi sono, al momento, le prime prove sicure e non ambigue della presenza di ripetuto uso del fuoco in un insediamento archeologico. Un avvenimento importante, visto che la cottura dei cibi ha reso disponibile un maggiore apporto calorico e proteico nella dieta dei primi esseri umani. Carne e verdure più facili da masticare e digerire. Tutta energia che ha forse favorito un ulteriore sviluppo del nostro cervello.
Nessun commento:
Posta un commento