Il tema era molto delicato e di assoluita attualità: l'accoglienza e i migranti.
Il vincitore è risultato un ragazzo di prima media con un racconto che colpisce per la maturità, la lucidità, il realismo davvero spiccati in un ragazzo di quell'età. Attraverso una scrittura rapida e incisiva, ha portato i lettori a immedesimarsi nelle fatiche, nelle paure e nelle speranze del protagonista fino a condurre a un finale inaspettato e drammatico.
Purtroppo, non sempre le storie di chi fugge hanno un lieto fine.
Ecco il testo vincitore.
«…Oggi parto, inizia un'avventura. Non so dove mi porterà, se avrò fortuna o no e se un giorno potrò tornare a casa. Le difficoltà sono tante, arrivo al mare dopo due giorni di cammino, ho paura, non conosco nessuno, sono giovane, non ho mai visto il mondo.
Cerco informazioni, devo imbarcarmi, devo mangiare, devo cercare di non farmi rubare i soldi che al villaggio sono stati raccolti per me, per il mio futuro e per il loro, perché se troverò un lavoro potrò aiutare chi è restato. Potranno mangiare e forse curarsi.
Trovo un passaggio su un barcone vecchio e traballante; ho usato la maggior parte del denaro, mi devo adattare mi è rimasto ben poco, domani parto e poi il destino deciderà per me.
Finalmente è un' alba bellissima, il sole è sorto su un mare calmo e tranquillo. Siamo in tantissimi: uomini, donne, bambini e ci sono anch’io. Ci imbarcano, io sono sotto coperta, fa caldo e siamo pigiati uno sull' altro, non c'è acqua, ma la mia mente vede già la meta, un paese dove potrò stare meglio. C'è chi piange, chi si lamenta e la botola resta chiusa, però stiamo navigando.
Dopo ore ci fermiamo, non capisco cosa succede, forse siamo arrivati, ma c'è troppa calma fuori; poi la botola si spalanca, ci dicono di uscire, ci picchiano, ci spintonano poi ci buttano in mare.
Nuoto, e mi ricordo da bambino, quando papà mi ha buttato nel fiume perché imparassi a nuotare:
Grazie!
Sono, siamo in mezzo al mare, molti non ce la fanno a stare a galla, il mare se li prende.
Non so quanto tempo è passato, intorno a me c'è solo disperazione: che ne sarà di noi?
Poi vedo una nave, ha una bandiera tricolore, sono italiani, ci salvano, salvano chi è riuscito a resistere, ci aiutano, ci scaldano, ci nutrono, ci curano, sia ringraziato Dio che li ha messi sul nostro cammino. Ora realizzo che arriverò, povero, disperato, ma vivo.
Un’isola, terra! Finalmente.
Sbarchiamo, le poche parole che ho imparato dalla televisione mi permettono di ringraziare e di chiedere che cosa ne sarà di me.
Ci portano in una grande casa, come quella del mio villaggio dove c'era la televisione, vestiti puliti, un pasto caldo e un letto dove riposare. Che viaggio!
È nuovamente giorno, arrivano persone in divisa, ho paura, nel mio paese i guerriglieri hanno le divise, ho paura.
Mio padre mi diceva che gli Italiani non sono come i guerriglieri, le loro divise non sono cattive, non mi faranno del male.
Ho detto il mio nome, ho raccontato la mia storia. Un uomo anziano, lì vicino, mi chiede perché ho lasciato la mia casa; ho risposto che cerco un futuro migliore, perché a casa non ne avevo. Con il suo aiuto posso avvisare i miei genitori che sono in Italia, salvo; soprattutto riesco a sapere che anche loro sono salvi.
Oggi ho ricevuto la loro lettera. Sono felice che stiano bene e che la loro fiducia in me non li abbia mai lasciati; ho ricevuto il seme di baobab, non so se, quando e dove lo pianterò, ma resterà con me; mi ricorderà che dovrò essere forte e che come questo albero non dovrò arrendermi mai e lottare per un futuro migliore per me, e per tutti quelli che hanno e avranno fiducia in me.
La speranza è tornare a casa mia, un giorno, da coloro che amo, alla mia terra! Scriverò loro tutto questo e, quando leggeranno, spero che siano orgogliosi e che continuino ad avere fiducia!».
«Il comandante Corradini aveva tra le mani un diario: era bagnato, l'inchiostro sbiadito in quasi ogni pagina, ma una soltanto era rimasta integra. L'aveva letta e si era commosso: pochi giorni prima era stato trovato coperto da cartoni in un tunnel della stazione ferroviaria di Milano il corpo di un giovane ragazzo, morto di fame e di freddo, che purtroppo nessuno aveva visto: forse il diario era proprio suo».
Elias Valassi
Alcuni giovani partecipanti con i loro insegnanti. |
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